Un viaggio tra viaggi in treno in Serbia e non solo. Rotaie, ricordi riflessioni.
Abbandonando ogni pretesa di originalità, qui ci si fa forti di alcune certezze del tipico immaginario di viaggio del cittadino europeo medio:
- Il fascino del treno
- Il fascino dei Balcani.
Capita a tutti, almeno una volta nella vita, di sospirare guardando fuori dal finestrino perdendosi nei propri pensieri. In Serbia mi sono ritrovata a viaggiare da Belgrado a Lazarevac, da Belgrado a Budapest e, qualche mese dopo, da Zagrabia a Sarajevo. Circa un anno dopo, vivendo a Novi Sad, sono diventata familiare con la tratta ferroviaria Novi Sad – Belgrado, spesso preferendola al più affidabile autobus, un po’ perché soffro il mal d’auto da sempre e un po’ a causa del punto uno della suddetta lista: subendo il fascino del treno, muovermi su questi vecchi binari serbi ha il suo perchè.
Novembre 2012 – Lazarevac è un piccolo paese a sud della capitale nel quale sono di passaggio diretta, con alcune amiche serbe, in un altro paese lì vicino raggiungibile da quella stazione solo in taxi. Scegliamo il treno perché è più economico e partendo alle 7 di mattina ci permette di raggiungere la nostra destinazione in 2 ore, nonostante la distanza percorsa sia di soli 61km. Il riscaldamento funziona solo su uno dei vagoni e il treno è semivuoto. Le mie compagne di viaggio mi avevano preparata: i treni serbi sono pochi, vecchi, lenti e di conseguenza poco frequentati rispetto ai moderni autobus che collegano qualsiasi destinazione nazionale e un’ampia fascia di quelle internazionali.
Dicembre 2012 – Il tempo della mia permanenza a Belgrado era finito e decido di tornare in Italia via Budapest. Puntuale il consiglio degli amici: “prendi il treno notturno, non costa nulla!” Non me lo faccio ripetere due volte e, abituata a prenotare in anticipo, vado qualche giorno prima a comprare il biglietto nella stazione di Belgrado. La mia coinquilina Dina, belgradese doc, mi chiede se sono sicura di quello che sto facendo e, preoccupata dalla possibilità che potessi anche non trovare il treno, chiamò al centralino della Želecnice Srbije – le ferrovie del paese – per verificarne l’esistenza. Non mi spiego il perché di tanta preoccupazione dato che ho con me il biglietto che, compreso di prenotazione, costato peraltro meno di 20 euro. Il treno doveva partire alle dieci di sera. Solo un quarto d’ora prima vengono accesi luci e riscaldamento e, lentamente, circa una decina di passeggeri prende posto. Salita sul treno dopo aver trascinato le mie valigie nella neve dicembrina di Belgrado, sento il calore uscire dal calorifero nel vagone e non resisto: levati gli stivali di pelle, ormai logori, lascio che il calore del treno mi aiuti a riprendere l’uso dei piedi ghiacciati e infilati elegantemente in due piccole buste di plastica. Sin verguenza – senza vergogna – come dicono gli spagnoli. Mi trovo quindi a viaggiare di notte da Belgrado a Budapest abbarbicata al calorifero della carrozza come una vite al suo traliccio. In qualche modo, questa particolare postura mi permette di rompere facilmente il ghiaccio con chi di volta in volta si trova a viaggiare con me.
La prima a dimostrare solidarietà, è un’insegnante di inglese delle scuole superiori che, con una certa precisione di particolari, mi racconta dei suoi viaggi in Italia, con tanto di commenti piccanti sugli uomini italiani. Poco prima di mezzanotte, la compagnia femminile viene sostituita da un giornalista barbuto che, dichiarandosi orgogliosamente comunista, mi consiglia quali giornali leggere – B92 e Politika – ma soprattutto mi parla del suo gruppo jazz, mentre attraversiamo, lentamente ma con decisione, il paese diretti al confine con l’Ungheria.
Arrivati nei pressi di Subotica rimango sola e prendo sonno. Ma il confine ha le sue regole e, prima i poliziotti serbi, poi quelli ungheresi, mi chiedono di mostrargli i documenti. Con qualche perplessità nel guardare la foto dei miei 16 anni, proseguono il loro giro. Passa almeno un’ora prima di attraversare il confine ed un’altra ora una volta entrati in Ungheria. Sono le sei di mattina e arrivo nella bella capitale ungherese che non visiterò.
Altro confine altro treno
Aprile 2013. Nel corso del viaggione balcanico post lauream, mi ritrovo con un’amica sul treno Zagabria – Sarajevo. Il ricordo è quello di un treno confortevole, ma non per chi ha dimenticato di portare abbastanza acqua. Finite le nostre poche scorte, spendiamo una fortuna per acquistare bottigliette da 33 cl di acqua esclusivamente frizzante. Superate le quattro unità, riesco a negoziare una diminuzione del prezzo al controllore che vendeva l’acqua dalla sua carrozza. Viaggiamo con un ragazzo croato residente in Svizzera e diretto a visitare la famiglia in Croazia. Non è mai stato a Sarajevo e ha paura ad andarci. Ripenso alla chiacchierata avuta con l’amico croato che ci aveva ospitate a Zagreb: “Sarajevo ha qualcosa di speciale, lo capirete quando sarete lì”. Aveva ragione, ma questa è un’altra storia.
Marzo 2014 – Mi sono forse dilungata troppo nel ricordo di questi spostamenti transnazionali da non rendermi conto che il treno Petrovaradin – Belgrado è arrivato a destinazione. Accanto a me ci sono ben quattro controllori che ridono e scherzano neanche fossero in gita scolastica. Quando si dice «lavorare con lentezza». Il signore che poco prima mi aveva chiesto: “che lingua parlavi col tuo amico?” mi conduce in una conversazione che tocca il sempre attuale Kosovo, la crisi in Crimea e le velleità indipendentiste del Veneto nel Bel Paese. Sembra che la velocità delle conversazioni in treno compensi quella del treno stesso. “Pare che siamo arrivati” – dice il mio interlocutore stringendo a se il laptop – “il viaggio dura circa due ore, ma i binari sono vecchi e il treno deve rallentare in alcuni tratti; però hanno annunciato che entro l’anno prossimo cominceranno dei lavori”.
Tra i tanti standard comunitari da raggiungere, la Repubblica di Serbia deve anche provvedere a modernizzare la sua linea ferroviaria: entro il 2027 saranno stanziati 22.2 miliardi di euro per 33 progetti di modernizzazione cofinanziati dal fondo pre-adesione e adesione; investimenti di banche europee e fondi statali. Inoltre sono diversi i finanziamenti esteri nella partita di rinnovamento delle ferrovie serbe. A Dicembre 2012 è stato firmato un accordo con il Kuwait Fund for Arab Economic Development per finanziare il piano di modernizzazione della stazione di Prokop, a Belgrado. I fondi provenienti invece dal China Civil Engineering Construction Corporation (CCECC), dovrebbero essere pari a circa 870 milioni di euro mentre il prestito da parte della Russia ammonterebbe a circa 941 milioni di dollari americani. Quale sarà il prezzo effettivo di questi finanziamenti nel paese balcanico è tutto da vedere. Quello che conta per ora è la certezza che, lentezza strutturale e fascino dei vecchi treni (valido forse solo per noi stranieri), cedano il passo a strutture più all’avanguardia. Intanto la stazione di Belgrado è oggetto di un progetto di “riqualificazione urbana” che coinvolge tutto il quartiere adiacente.
Insomma, bisogna darsi una mossa per migliorare i propri standard, è l’Europa che lo chiede!
Foto di copertina Flickr CC @Jrwooley6